Toni Cosenza

 

"Un talento innato....." di Antonio Ghirelli

 

Toni Cosenza è nato a Napoli, naturalmente dalle parti di San Pietro a Majella.

San Pietro a Majella non è un paese vicino Napoli, un borgo, una frazione, nemmeno un quartiere. E’ il conservatorio musicale. Uno dei quattro conservatori di origine claustrale che Napoli possedeva nel Seicento. Il solo che abbia finito per sopravvivere alla disintegrazione del vicereame cumulando in sé tutta la splendida tradizione musicale della città.

Voglio dire che l’armonia, il contrappunto per quella tradizione Toni li ha acquistati per il fatto stesso di nascere, e di crescere, da quelle parti. E’ un quartiere favoloso, chiuso tra Costantinopoli e il Rettifilo, tra Santa Chiara e i Tribunali. I napoletani che leggono mi capiscono. Chi non è napoletano può immaginare una specie di equazione tra storia e architettura, tra passato e presente: gli spagnoli moltiplicati per gli angioini, Benedetto Croce più il principe di San Severo, Alessandro Scarlatti più Pergolesi, e in mezzo a tutte queste ombre illustri, a tutti questi fantasmi pallidi e silenziosi, un’immensa folla di vecchi, di donne, di scugnizzi, uno sciame senza fine di umanità festosa e dolente.

Così, nessuno si meraviglia se nell’intrico di vicoli fatiscenti e di mirabili palazzi che dominano Spaccanapoli, salta fuori un contemporaneo come Toni, “un guitarrista classico, escritor de musica para teatro manor y mayor”, per usare una definizione di un giornale di Buenos Aires, El Clarin, che si mette a rivisitare amorosamente il folk musicale della sua città, dalla “villanella” cinquecentesca alla “opera buffa” del diciottesimo secolo, da Paisiello a Costa, non per sfoggiare erudizione ma per rivivere il passato, per cercare tra gli scaffali polverosi e i vecchi strumenti la propria attualità esistenziale, per ritrovare il filo rosso che lega tutta la storia di Napoli tra sentimento e ironia, tra scherno e pietà, tra indulgenza e furore. Nessuna meraviglia, perché per un tipo come Toni Cosenza la musica è un fatto naturale, è l’aria che si respira a Piazza del Gesù, sono gli odori che filtrano tra via Nilo e Forcella, le voci e gli urli che sfrecciano tra le case altissime, i panni stesi, le edicole sacre dei vicoli che sono rimasti quelli di Matilde Serao e Francesco Mastriani.

E potremmo continuare, analizzando una per una tutte le composizioni che Toni Cosenza porta alla luce con un trepido e geniale lavoro di scavo per esaltare - come dice Roberto De Simone - “una Napoli che esce dalla banalità e dalla commercialità” ed assume un volto composto, attraverso l’impegno dei testi e delle musiche.